Stati Uniti come la Cina? Le 5 strategie economiche da tenere d’occhio secondo Deutsche Bank
- Salvatore Bilotta
- 24 apr
- Tempo di lettura: 5 min
Nel nuovo report tematico di Deutsche Bank del 23 aprile 2025, il team guidato da Mallika Sachdeva si interroga: gli Stati Uniti stanno imparando dalla Cina? La risposta non è semplice, ma vengono individuate 5 aree in cui la politica economica americana sembra ispirarsi – seppur con modalità molto diverse – a quella del colosso asiatico. Un’analisi lucida e provocatoria, che offre spunti chiave per comprendere le implicazioni a lungo termine su economia, mercati e politica monetaria.
1. Shock di policy strutturale: come il Three Red Lines cinese
📌 Spiegazione educativa: Uno shock da policy non è un evento ciclico (come una recessione naturale), ma una scelta consapevole dei governi per cambiare direzione economica. In Cina è accaduto con le Three Red Lines (2020), per ridurre il peso del debito immobiliare. Negli USA le tariffe sono lo strumento equivalente, pensato per rilanciare l’industria e ridurre la dipendenza dall’estero.
📊 Grafico suggerito: Confronto investimenti immobiliari in Cina vs produzione nuovi settori (EV, tech)

📉📈 Cina: dalle case alle auto elettriche – un passaggio di testimone storico
Il grafico mostra un cambiamento epocale nel modello economico cinese:🔺 Il settore immobiliare, pilastro della crescita per oltre un decennio, ha subito un crollo degli investimenti dopo l’introduzione delle famose "Tre linee rosse" nel 2020, pensate per ridurre l’indebitamento degli sviluppatori.🔹 Parallelamente, è esplosa la produzione di veicoli elettrici, con la Cina leader mondiale nella transizione energetica su quattro ruote.
💡 È una lezione importante: la politica può pilotare le risorse economiche verso settori strategici, seppur con effetti collaterali evidenti.
❓Domanda per i policymaker occidentali: si può replicare un simile “switch” industriale, magari a favore del reshoring o delle energie rinnovabili?
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2. Il consumatore come sovvenzionatore dell’industria
Trump ha dichiarato di “non curarsi dei prezzi più alti” se ciò stimola la produzione interna.
I consumatori americani, accettando prezzi più elevati sui beni importati, sostengono indirettamente le imprese nazionali. In Cina ciò avveniva attraverso tassi di deposito artificialmente bassi, che favorivano prestiti agevolati all’industria.
📌 Nota importante: in entrambi i casi, il benessere immediato dei consumatori viene sacrificato per obiettivi industriali a lungo termine.
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3. Tolleranza all’inflazione per sostenere l’industria
Secondo DB, l’amministrazione USA potrebbe tollerare un’inflazione più alta pur di favorire un contesto di tassi reali negativi, che agevolano gli investimenti industriali.
È quanto avvenuto in Corea negli anni ’70: inflazione alta, tassi nominali bassi, investimenti pubblici massicci in settori strategici.
📊 Grafico suggerito: Inflazione e tassi reali in Corea negli anni ’70 vs attese USA 2025–2026

📊 Il consumatore come sponsor dell’industria nazionale?
Negli anni '70, la Corea del Sud ha sostenuto la sua industrializzazione con una ricetta semplice ma potente:📉 tassi reali profondamente negativi = prestiti agevolati per le imprese, a costo del risparmio dei cittadini.
Oggi, alcuni leader politici occidentali – come Trump – parlano apertamente di accettare prezzi più alti per favorire la produzione interna.🔁 In pratica, il consumatore diventa il sovvenzionatore dell’industria: in Cina tramite i depositi, in USA tramite i dazi.
💡 Una strategia di lungo termine che comporta un trade-off delicato:✔️ più produzione domestica✖️ meno potere d'acquisto immediato
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4. Politiche meno dipendenti dall’andamento azionario
In Cina, la crescita economica ha superato il rendimento dei mercati azionari: i policymaker non si fanno condizionare dallo stock market.
Negli USA, il 50% più povero ha meno del 5% della sua ricchezza in azioni: un calo dell’S&P 500 potrebbe avere impatto politico limitato.
Per contro, i mutui legati ai bond rendono i tassi a lungo termine molto più sensibili dal punto di vista elettorale.
📊 Grafico suggerito: Distribuzione della ricchezza USA – azioni vs real estate per classi di reddito
Figura 3: il confronto tra la quota di capitalizzazione azionaria e quella di PIL globale di USA e Cina.

Figura 4: la distribuzione della ricchezza negli Stati Uniti per percentile, distinta tra immobiliare e azioni.

📉 Quanto contano davvero le azioni per i consumatori americani?
Negli Stati Uniti, le azioni rappresentano circa il 50% della capitalizzazione di mercato globale, mentre il PIL americano è il 27% del totale mondiale. In Cina, il rapporto è invertito: PIL al 17%, ma solo l’8% di capitalizzazione.
🇺🇸 Il mercato azionario negli USA ha un peso immenso nel sistema finanziario e nella ricchezza aggregata, ma non è distribuito equamente. Come mostra il secondo grafico, il 50% più povero detiene meno del 5% della propria ricchezza in azioni – contro quasi il 50% detenuto in immobili.
📌 Perché è rilevante?Un calo dell’S&P 500 può impattare i piani di investimento delle fasce più abbienti, ma potrebbe non scuotere l’elettorato medio. La sensibilità politica al crollo dei mercati azionari è probabilmente più contenuta di quanto si pensi.
💡 Diversamente dalla Cina, dove lo Stato guida la transizione industriale con politiche mirate, gli USA potrebbero tollerare una maggiore volatilità azionaria se utile per politiche industriali o tariffarie.
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5. Dollaro più debole per rilanciare la manifattura?
Il dollaro USA è storicamente sopravvalutato. Una sua svalutazione aiuterebbe le esportazioni, ma potrebbe anche minare la credibilità degli asset americani (come avvenne in Cina nel 2015).
Trump e il Tesoro valutano un “Mar-a-Lago accord” simile al Plaza Accord del 1985, per facilitare un riequilibrio competitivo.
📊 Grafico suggerito: USD TWI (trade weighted index) e sottovalutazione valutaria comparata

💵 Il dollaro debole come leva per rilanciare l’industria USA?
Il grafico mostra come il dollaro USA, partito da livelli storicamente sopravvalutati, stia ora attraversando una fase di svalutazione progressiva. Questo calo potrebbe favorire l’export americano, proprio quando la politica industriale torna al centro del dibattito.
📉 Un dollaro meno forte ➡️ beni statunitensi più competitivi all’estero📈 Ma anche un rischio: minare la fiducia globale negli asset denominati in USD (ricordate la Cina nel 2015?).
🏛️ Secondo le indiscrezioni, Trump e il Tesoro USA starebbero valutando un nuovo “Mar-a-Lago Accord”, sul modello del celebre Plaza Accord del 1985, per favorire un riequilibrio valutario strategico.
📊 Il confronto con il renminbi cinese (CNY) rivela dinamiche molto diverse: la Cina ha usato la svalutazione nel 2015 come scudo difensivo, ora tocca agli USA usarla come leva offensiva?
Conclusione
Quello che emerge dal report è una linea di politica economica americana sempre più simile – nei fini, se non nei mezzi – a quella cinese: meno mercato, più Stato. Se questa convergenza porterà risultati simili o diversi dipenderà dalla capacità di gestione della transizione. Ma una cosa è certa: il ruolo del consumatore e l’indipendenza della politica monetaria potrebbero non essere più gli stessi.
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