Valute in fermento: cosa ci dice davvero il nuovo report di Goldman Sachs?
- Salvatore Bilotta
- 24 giu
- Tempo di lettura: 9 min
Nel contesto di un mercato valutario sempre più volatile, il report settimanale di Goldman Sachs offre spunti preziosi per comprendere la direzione delle principali valute globali. Dall’andamento del dollaro alle implicazioni geopolitiche, passando per le valute emergenti e scandinave, l’analisi tocca tutti i principali driver dei prossimi mesi. Ecco cosa c’è da sapere.
CNY: La forza del renminbi è reale?
Il punto di partenza del report è l’osservazione che il fixing dello yuan (USD/CNY) ha toccato i minimi da marzo, spingendosi sotto quota 7.17. Secondo gli analisti, questo movimento non è isolato ma fa parte di un trend più ampio di rivalutazione del renminbi. Le previsioni sono state aggiornate al ribasso: 7.10 (3 mesi), 7.00 (6 mesi) e addirittura 6.90 a 12 mesi.
La forza del settore export cinese, unita alla sottovalutazione della valuta (sia in termini bilaterali che su base commerciale ponderata), lascia spazio a un potenziale di apprezzamento. La principale incognita resta la domanda interna, ma Goldman ritiene che Pechino preferisca usare stimoli fiscali e monetari piuttosto che svalutare.
📊 Grafico: Exhibit 1 – “The CNY fixing continues to grind lower” (pag. 2)

USD: un dollaro che si resetta
Dopo mesi di movimenti “strani”, il dollaro ha reagito in modo più tradizionale agli ultimi shock geopolitici e al messaggio hawkish della Fed. Il report sottolinea che non è cambiata la natura del biglietto verde, ma le condizioni macroeconomiche sì.
L’analisi suggerisce che siamo in una fase di "reset al ribasso", con il dollaro che viene penalizzato dalla revisione delle aspettative di rendimento sugli asset USA. Tuttavia, Goldman avverte che il dollaro resta una valuta rifugio: in caso di shock esterni, potrebbe tornare temporaneamente a rafforzarsi.
📊 Grafico: Exhibit 2 – “EUR/USD Actual vs Model-implied Performance” (pag. 3)

Questo grafico mostra la performance effettiva del cambio EUR/USD (linea nera) confrontata con quella prevista da un modello che tiene conto di variabili macro-finanziarie (linea rossa: “Fitted”). L'idea di fondo è che l'euro abbia sovraperformato il valore atteso di circa 8 punti percentuali, un’anomalia attribuita al cambio di percezione sugli asset americani da parte degli investitori.
Spiegazione chiave del grafico:
EUR/USD reale (nero): rappresenta il rendimento reale accumulato del cambio euro-dollaro.
EUR/USD “fitted” (rosso): rappresenta la stima teorica del cambio, basata su:
Prezzi del rame (proxy per la crescita globale e la domanda cinese)
Credit spreads (rischio percepito nel credito)
Spread sovrani europei
Differenziale di tasso a 2 anni USA vs Europa
Una costante statistica di aggiustamento
Cosa ci dice il grafico:
Divergenza crescente: Dalla metà di marzo, la linea nera (effettiva) si allontana sempre più dalla rossa (stimata), indicando che l’euro si sta apprezzando molto più del previsto.
Debolezza strutturale del dollaro: Il messaggio di Goldman è che gli investitori stanno rivalutando negativamente il rendimento relativo degli asset USA, portando a un calo strutturale del dollaro.
Non è solo una questione di tassi: Anche se il differenziale sui tassi a 2 anni (verde scuro) è rimasto favorevole al dollaro, questo non basta più a sostenerlo.
Conclusione:
Il mercato sembra anticipare un contesto di minore attrattività per il dollaro, a fronte di un’Europa percepita più stabile o meno penalizzata. In questo scenario, il cambio EUR/USD risulta sopravvalutato rispetto ai fondamentali, ma Goldman suggerisce che il movimento potrebbe riflettere un cambiamento duraturo nelle aspettative di rendimento globale.
Geopolitica: tornano i rifugi sicuri
Il conflitto in Medio Oriente ha riacceso l’interesse verso le valute rifugio come il franco svizzero (CHF) e l’oro. I movimenti iniziali dei cambi sono stati coerenti con i “risk beta”: debolezza su valute cicliche (AUD, ZAR), forza su CHF e JPY.
Goldman prevede che, in caso di ulteriore escalation, il franco sarà la valuta più reattiva. Inoltre, valuta scenari su shock alle commodity: in caso di rialzo del petrolio a 90 dollari, le valute legate all’export energetico (NOK, CAD, COP) dovrebbero beneficiarne, ma con riserva se le azioni calano simultaneamente.
📊 Grafico: Exhibit 4 – “NOK, CAD and COP could see the biggest gains from an oil price shock” (pag. 4)

CAD: resistenza nonostante i dati incerti
Il dollaro canadese (CAD) è tornato verso i massimi di inizio giugno, ma il quadro fondamentale resta positivo. La Banca del Canada (BoC) dovrebbe tagliare ancora una sola volta quest’anno, e Goldman rivede al ribasso le sue stime su USD/CAD.
Nonostante la volatilità globale, il CAD si è dimostrato uno dei più sensibili al prezzo del petrolio, con ottima performance durante gli shock iniziali. Le nuove previsioni vedono USD/CAD a 1.35 (3 mesi), 1.34 (6 mesi), 1.32 (12 mesi).
📊 Grafico: Exhibit 6 – “CAD is one of the clearest beneficiaries of higher oil prices” (pag. 5)

Scandi FX: sorprese dovish ma ancora apprezzate
Riksbank e Norges Bank hanno sorpreso con toni più accomodanti del previsto. Nonostante ciò, Goldman ritiene che le valute scandinave continueranno a beneficiarne, in particolare la corona svedese (SEK) rispetto alla norvegese (NOK).
Le differenze nei tassi, combinate con la correlazione petrolio/NOK, indicano che il momentum su NOK/SEK si sta esaurendo. In breve, meglio SEK nei prossimi mesi.
📊 Grafico: Exhibit 7 – “NOK/SEK Actual vs GSBEER Model-implied Performance” (pag. 6)

Questi due grafici illustrano il recente rafforzamento della corona norvegese (NOK) rispetto alla corona svedese (SEK) e il ruolo cruciale che i prezzi del petrolio e i differenziali di tasso d’interesse hanno avuto nel guidare questa dinamica.
📊 Exhibit 7 – Performance NOK/SEK vs modello teorico (GSBEER)
Cosa mostra il grafico:
La linea nera rappresenta l’andamento reale del cambio NOK/SEK.
La linea rossa è il valore “fitted”, cioè la stima del cambio secondo un modello che tiene conto di:
Prezzi del greggio (proxy per l’economia norvegese)
Credit spread
Tassi a 10 anni USA
Differenziale tassi a 2 anni
Una costante di aggiustamento
📌 Key takeaway:Dopo un lungo periodo in cui il NOK era molto più debole rispetto al valore teorico (fino a -6%), ora il cambio si è rapidamente riavvicinato alla stima di modello, sostenuto da:
Rialzo dei prezzi del petrolio;
Allargamento dei differenziali di tasso a favore della Norvegia.
🔄 Exhibit 8 – Correlazione NOK/SEK con il Brent
Cosa mostra il grafico:
La correlazione mobile a 30 giorni tra il cambio NOK/SEK e il prezzo del petrolio Brent.
📌 Key takeaway:
Dopo aver perso la sua tipica correlazione positiva col petrolio nella prima parte dell’anno (fino a valori negativi), la NOK ha ripristinato il legame storico con il Brent.
Attualmente, la correlazione è tornata intorno allo 0.5, segnalando che il NOK sta tornando ad essere una valuta oil-sensitive.
🎯 Conclusione operativa
Il recupero della NOK non è casuale ma ben supportato dai fondamentali macro, in particolare:
La forza del petrolio (Norvegia è esportatrice netta);
Il differenziale favorevole di tassi;
Il ritorno della correlazione con il Brent, che rafforza la view secondo cui il NOK può continuare a beneficiare di uno scenario di inflazione energetica o di “higher-for-longer” sui tassi.
COP: vulnerabilità fiscale e volatilità
La Colombia ha sospeso la regola fiscale, proiettando disavanzi elevati per i prossimi anni. Questo peggiora l’outlook sul COP rispetto ad altre valute high-yield. In caso di shock sul petrolio, il COP potrebbe recuperare, ma solo se non ci sarà un contemporaneo crollo delle azioni.
📊 Grafico: Exhibit 9 – “COP returns when oil and equity prices move” (pag. 7)

CHF: nuovo picco in vista?
La Banca Nazionale Svizzera (SNB) è apparsa meno preoccupata della forza del franco. Goldman ritiene che i fattori globali domineranno ancora e che il CHF continuerà a comportarsi da bene rifugio.
Interessante la crescente correlazione con l’euro, che rafforza il suo status di “safe haven europeo”.
📊 Grafico: Exhibit 10 – “CHF correlation with EUR/USD” (pag. 8)

Questo grafico (Exhibit 10) mostra la correlazione su base mobile a 3 mesi tra il cambio EUR/USD e alcune valute europee rispetto al dollaro: CHF (franco svizzero), GBP (sterlina britannica), SEK (corona svedese) e NOK (corona norvegese).
🧭 Cosa osserviamo?
CHF/USD (linea blu scuro) ha aumentato la propria correlazione con l’EUR/USD dalla primavera del 2025. È passato da circa 0.68 a oltre 0.76, indicando un rafforzamento del legame tra franco ed euro.
GBP/USD mantiene una correlazione stabile e relativamente elevata, intorno a 0.78-0.80.
SEK/USD segue dinamiche simili ma con un lieve indebolimento nella seconda parte dell'anno.
NOK/USD è quella con la correlazione più bassa e volatile, scesa addirittura sotto quota 0.60 ad aprile, riflettendo la forte influenza del petrolio sul NOK.
📌 Cosa significa questa dinamica sul CHF?
CHF sta tornando un “euro satellite”: storicamente, il franco svizzero ha sempre mostrato una certa correlazione con l’euro. Dopo un periodo di parziale disallineamento, probabilmente causato da fattori idiosincratici (inflazione, politica monetaria SNB), il legame è tornato a rafforzarsi.
Implicazioni per il mercato FX:
Se l’EUR/USD sale, è più probabile ora che anche CHF/USD salga (cioè un CHF più debole).
Questo può influenzare la copertura valutaria per portafogli EUR/CHF o le aspettative sulle mosse della BNS, che potrebbe tornare a seguire più da vicino la BCE.
GBP: prudenza ma nessun crollo
Sterlina debole sulle attese di tagli della BoE e su dati recenti in rallentamento, ma non è detto che la discesa continui. Goldman osserva che EUR/GBP ha già superato le stime modello e si aspetta un andamento range-bound attorno a 0.85 nei prossimi mesi.
THB: crisi politica e outlook debole
La Thailandia è nel pieno di un nuovo scossone politico che ha visto il ritiro di un partito chiave dalla coalizione. Nonostante ciò, la volatilità sugli asset è stata limitata. La banca centrale dovrebbe mantenere i tassi fermi, mentre permangono rischi per crescita e fiducia.
Hedging sul Dollaro: nuova sensibilità al rischio
Con l’aumento della volatilità valutaria, gli investitori stanno aumentando le coperture (hedge) contro il dollaro. Il peso del rischio valutario sui portafogli multi-asset è salito, e questo sta contribuendo a una pressione ribassista sulla valuta USA.
📊 Grafico: Exhibit 11 – “Risk contribution of FX in multi-asset portfolios” (pag. 10)

Il grafico in questione analizza il contributo della componente valutaria (FX risk) al rischio totale di un portafoglio multi-asset, composto per il 60% da azioni globali (MSCI World) e per il 40% da obbligazioni globali (Bloomberg Global Aggregate), in funzione della valuta di riferimento dell’investitore: USD, EUR o JPY.
Cosa misura questo grafico?
L’indicatore è la contribuzione percentuale della volatilità del cambio valutario al rischio totale del portafoglio, calcolata su base mobile a 12 mesi. Più è alta, più la fluttuazione della valuta incide sulla volatilità complessiva del portafoglio.
Le principali evidenze
JPY investor (linea arancione):
Storicamente, gli investitori in yen sono molto più esposti al rischio valutario.
Nei momenti di crisi (2008, 2011, 2020), il contributo supera anche il 60-70% del rischio complessivo.
Anche nel 2024-2025, il rischio FX per gli investitori in yen è rimasto molto elevato.
EUR investor (azzurro):
Volatilità significativa ma più ciclica.
Episodi di alta esposizione si osservano attorno al 2008, 2012 e 2017-2018.
Attualmente la componente FX sta aumentando nuovamente e si aggira intorno al 30-35%.
USD investor (blu scuro):
Tradizionalmente la valuta di riferimento (anche degli asset globali), quindi basso FX risk.
Ma negli ultimi mesi anche per gli investitori in dollari si osserva una ripresa del contributo valutario, oggi sopra il 15-20%, in crescita rispetto al periodo post-COVID.
Cosa significa tutto questo?
Il rischio valutario è tornato a essere un driver rilevante per la performance e la volatilità dei portafogli globali.
Gli investitori non americani, e in particolare quelli giapponesi, devono essere particolarmente attenti alla gestione del rischio FX.
Anche per gli investitori in USD, che di norma sono protetti, la situazione sta cambiando.
Conclusione operativa
In un contesto di aumento della volatilità FX, diventa sempre più importante valutare strategie di:
hedging valutario attivo, soprattutto per JPY e EUR.
diversificazione geografica valutaria bilanciata.
valutazione del rapporto rischio/rendimento al netto della componente FX.
TIC e allocazioni private: warning dal Canada?
Il report TIC di aprile ha mostrato vendite nette di Treasuries, guidate in larga parte dagli investitori canadesi. Anche se i numeri non indicano un disimpegno sistemico, segnalano un possibile shift nei flussi privati, un fattore cruciale per il dollaro.
📊 Grafico: Exhibit 13 – “Canadian share of Treasury sales” (pag. 11)

Exhibit 12 – Il settore privato guida le vendite sui Treasury USA
Il grafico mostra le variazioni mensili degli acquisti/vendite di Treasury USA da parte di investitori esteri, separando tra settore privato e settore ufficiale (banche centrali e fondi sovrani).
Osservazione chiave: dal Q4 2024 in avanti, la maggior parte delle vendite è attribuibile al settore privato, non agli enti ufficiali.
In particolare, marzo e aprile 2025 evidenziano forti deflussi netti, superiori ai 50 miliardi di dollari al mese.
📌 Implicazione: i recenti outflow dai Treasury non derivano da un disimpegno politico, ma da una rotazione tattica da parte di investitori privati probabilmente in cerca di rendimenti alternativi o per effetto di prese di profitto su duration elevate.
Exhibit 13 – I canadesi protagonisti delle vendite
Il secondo grafico scompone i flussi per area geografica.
Si nota chiaramente come a partire da febbraio 2025, gli investitori canadesi abbiano ridotto in modo marcato l’esposizione ai Treasury.
Anche Mainland China e altri paesi europei mostrano vendite consistenti ad aprile.
Marzo 2025 si distingue come eccezione con un ritorno deciso agli acquisti, probabilmente per ragioni tattiche o legate ai tassi.
📌 Implicazione: l’onda di vendite è stata guidata da paesi sviluppati e non emergenti. È un segnale che le scelte recenti sono più legate a valutazioni di mercato che a tensioni geopolitiche.
Messaggio finale
Questi grafici sottolineano come il recente rallentamento nella domanda estera per i Treasury sia una questione di risk/reward e non di crisi di fiducia. Il fatto che il settore privato sia in selling mode potrebbe essere temporaneo e legato a dinamiche tattiche.
Conclusioni
Il panorama valutario globale è attraversato da forze complesse e spesso contraddittorie: ciclicità economica, geopolitica, cambiamenti strutturali nei flussi di capitale. Questo report di Goldman Sachs aiuta a orientarsi tra questi temi, suggerendo una progressiva debolezza del dollaro, un rinnovato interesse per il CNY, e opportunità mirate su valute come SEK, CHF e CAD.
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